prof. Giuseppe BARZAGHI

Il quadro epistemologico, che S. Tommaso adotta per strutturare l’argomentare teologico, è desunto dalla dottrina aristotelica contenuta nei Secondi Analitici. La distinzione tra scienze prime (cioè autonome e indipendenti quanto ai principi propri) e scienze subalterne (cioè eteronome quanto ai principi propri), serve all’Aquinate per attribuire alla teologia la qualifica di scienza in senso rigoroso, seppur analogico. Ogni scienza subalterna “crede” nei propri principi. La fede media tra due scienze. Ma la particolare caratteristica della teologia è data dal fatto che essa possiede un’assoluta continuità con la scienza che Dio ha di se stesso. In questo modo la teologia è in certo modo una «quaedam impressio divinae scientiae». Con maggior precisione si deve dire che la teologia è una scienza quasi-subalterna. In questo caso, infatti, si dà semplicemente subalternanza di principi, ma non di oggetto: quest’ultimo resta perfettamente identico a quello della scienza di Dio, senza subire quelle modifiche accidentali che invece caratterizzano l’oggetto della scienza subalterna. Per questo, la teologia è il modo con il quale ci si arrende criticamente alla contemplazione. La teologia, nel suo statuto epistemico più rigido, non può costituirsi che in un ambiente contemplativo. La contemplazione, infatti, è il dato vitale della fede teologale e senza fede teologale non si può dare la scienza teologica.